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L’antrace uccide 50 ippopotami nel Parco nazionale Virunga, in Congo: ecco perché dovevamo aspettarcelo

L’antrace uccide 50 ippopotami nel Parco nazionale Virunga, in Congo: ecco perché dovevamo aspettarcelo

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Nel Parco nazionale Virunga, Repubblica Democratica del Congo, una cinquantina di ippopotami sono stati trovati morti negli ultimi giorni, galleggianti nelle acque del lago Edoardo e dei suoi affluenti. Le analisi non hanno lasciato spazio a dubbi: è antrace. Un’epidemia improvvisa, ma non del tutto inaspettata, ha colpito ancora una volta una delle riserve naturali più emblematiche e complesse dell’Africa.

Il batterio dormiente che torna a colpire

I primi segnali sono arrivati il 5 aprile, quando i ranger del parco hanno individuato le carcasse in avanzato stato di decomposizione nei pressi delle cittadine di Vitshumbi, Nyakakoma, Lunyasenge e Kyavinyonge, nella provincia del Nord Kivu. I campioni, inviati al laboratorio veterinario di Goma, hanno restituito una conferma ufficiale tre giorni dopo: Bacillus anthracis, il batterio responsabile del carbonchio, è presente nei tessuti degli animali. La conferma arriva da Emmanuel de Merode, direttore del Parco nazionale Virunga.

Perché dovevamo aspettarcelo

Il carbonchio non è nuovo da queste parti. È una malattia silenziosa, vecchia quanto la pastorizia, capace di sopravvivere nel suolo per decenni sotto forma di spora. Non serve molto: un animale che si abbevera nel posto sbagliato, un’erba contaminata, e la catena si attiva. Per gli ippopotami, già sotto pressione per la perdita di habitat, il bracconaggio e la violenza armata diffusa nella regione, questa nuova ondata si inserisce in un quadro già precario.

I pericoli per l’uomo e gli altri animali

Méthode Uhoze, portavoce del parco, ha lanciato un appello alla prudenza: evitare il contatto con gli animali morti e non consumarne la carne, per il rischio — concreto — di trasmissione all’uomo. Le autorità dell’Istituto Congolese per la Conservazione della Natura parlano esplicitamente di zoonosi, e invitano le comunità locali a considerare la gravità della situazione. “Raccomandiamo l'attuazione di misure precauzionali in seguito alla comparsa di un'epizoozia nelle aree periferiche del Parco nazionale Virunga – si legge in un comunicato -. Sebbene questa malattia colpisca attualmente principalmente la fauna selvatica, presenta un potenziale rischio di trasmissione agli esseri umani e agli animali domestici”.

Brent Stirton/Getty Images
Brent Stirton/Getty Images 

Un parco devastato

Virunga non è un parco qualsiasi. È la più antica area protetta del continente africano, attiva dal 1925, patrimonio Unesco, rifugio per specie rare come il gorilla di montagna. Ma è anche un territorio segnato da decenni di instabilità politica, attività minerarie clandestine e milizie armate. In questa zona di frontiera tra conservazione e sopravvivenza, anche una malattia animale può diventare una questione di ordine pubblico. Il numero di ippopotami nel parco è crollato drasticamente negli ultimi cinquant’anni: dai circa 29 mila individui degli Anni 70 a meno del 5% oggi. E se da un lato i conflitti e il commercio illegale di carne e avorio ne hanno decimato la popolazione, dall’altro le epidemie — come questa — rischiano di cancellare ciò che resta.

L’epidemia di antrace in Africa

Il carbonchio non colpisce solo in Congo. Nei primi mesi del 2025, altri 19 ippopotami sono morti in Zimbabwe, in circostanze simili. Lo scorso anno, nella stessa regione, l’antrace aveva già fatto vittime tra bufali, elefanti e zebre. Il copione è noto agli ecologi: un terreno contaminato, una stagione secca, una mandria sfortunata. Per ora, nel Virunga, si monitora. Le autorità hanno intensificato la sorveglianza e stanno mappando le aree a rischio. Ma le risorse sono limitate, e le sfide troppe per un parco che, nonostante tutto, continua a resistere. Anche stavolta, la natura manda segnali chiari. Resta da capire se qualcuno è pronto ad ascoltarli.