PARIGI - "Paris Roubaix ou le temps des assassins" dicono in Francia, la vigilia della più impressionante corsa ciclistica del mondo. Sull'inferno del Nord, su quelle piste mortifere di selci irregolari, di ineguali blocchi di granito, coperto di polvere di carbone che si trasforma in pece non appena la pioggia le inzuppa o che entra negli occhi, nei polmoni, nel fegato se un brutto sole illumina i tetti di ardesia, esiste una vasta letteratura. Ogni anno il ciclismo rievoca antiche ingiallite pagine ed altre ne aggiunge, passando nel Nord in sarabande degne dei tempi dei pionieri.
La Parigi-Brest (e ritorno) è morta, la Bordeaux-Parigi si trascina, la Milano-Sanremo può essere incarognita (come è accaduto quest'anno) soltanto dal vento di maestrale: in autunno, il Giro di Lombardia presenta... eroi solitamente stanchi. Delle grandi classiche non c' è rimasta che la Roubaix.

Le Ponts et Chaussèes - che sono poi l' Anas transalpino - hanno ricucito la Francia con una rete di strade confortevoli, di un macadam perfetto. Fra i campi di bietole e di patate, nel paese delle miniere, les Ponts et Chaussèes, hanno, però, giustamente scordato una ragnatela di inverosimile pavès, che si fa vieppiù arcaico, sprofondando nella terra rossastra. L'Equipe, il giornale organizzatore, cerca annota protegge queste vene di pietra, dal rilievo ipertrofico, che solcano un paesaggio drammatico: e a primavera puntualmente ce le ripropone, nella Parigi-Roubaix.

Il ciclismo vero - della Roubaix del Tour del Giro, voglio dire - assomiglia a volte al pugilato: o lo si accetta o lo si respinge per intero. Le sue geografie sono datate: gli elementi naturali, nel caso i fondi stradali, sono addirittura personificati. Un vincitore di Roubaix se ne infischia delle gare belghe, che seguono. La Roubaix è prestigiosa perché i corridori che l'hanno affrontata (spesso con l'eleganza del campione non disgiunta dalla capacità di sofferenza da un fachiro) hanno deciso che lo fosse. L'ingresso nel suo libro d'oro è sempre e comunque un exploit. Nel carnet, figurano sei firme italiane: Giulio Rossi (1937), Serse Coppi in parità con Andrè Mahè (1949: e fu quella l'unica volta nella vita in cui il povero Serse ebbe fortuna), Fausto Coppi (1950), Toni Bevilacqua (1951), Felice Gimondi (1966), Francesco Moser ('78, '79, '80).

Ora si vorrebbe che Francesco Moser vincesse, staccando, nel libro d'oro, Van Looy e Merckx (3 vittorie) e raggiungendo De Vlaeminck, che di Roubaix ne ha vinte quattro. I belgi - e gli olandesi che lo fanno forte di uno stipendio - sognano, all'opposto, la terza vittoria classica consecutiva, dopo Giro delle Fiandre e Gand - Wevelgem, di Eric Vanderaerden. Ce la facesse, il ventitreenne Vanderaerden avrebbe diritto ad un seggio fra i "super". Iddio sa quanto il ciclismo belga di un super abbia oggi bisogno. Francesco Moser, dicono, si porterebbe a passeggio una bronchitella che sole e scienza medica avrebbero, secondo gli ottimisti già asciugato.

Sulla soglia dei trentaquattro anni, Francesco non ha smesso il gusto di sperare. Dopo il Giro, vorrebbe un Tour. E intanto una quarta Roubaix. Lui conosce a memoria questa corsa, che gli si adatta come un guanto alla mano. Fatta di poche linee, Moser l'adora. Il via da Compiegne. La cote di Doullens da salire sprintando. Corsa di testa sempre perché poco più avanti vengono... distribuiti i "tickets" per "les bordures". Per spiegarci, con manovre violente bisogna conquistarsi il diritto al comando per poter poi scegliere, nell'immondo maremoto di pietra, la corrente la corsia favorevole. Quindi, fra pochissimi, il duello per la vittoria.
Eric Vanderaerden, si diceva, è animato da un grande fuoco. Scriviamo subito che la Roubaix gli si addice. E' la punta di diamante di una squadra, la Parasonic di Peter Post, fortissima. In apertura di stagione era sul piano di un altro belga, Eddy Planckaert. Con Eric, corrono anche Anderson, Lammers, Nulens, Lubberding, Oosterbosch (che sono fior di vincitori). Del giovane Eric mi avevano parlato, nell'83, Fred De Bruyne e Merckx. Diceva Eddy: "Se converrà che il talento non basta per diventare un grande campione, Eric diverrà un grande campione". Diceva De Bruyne: "E' nato nel Limburgo, dove il Belgio, che, lì, confina con l'Olanda, non respira le miniere ma la borghesia. E' un bel ragazzo, sgherro quanto basta, nel senso che i piedi altrui sopra le sue scarpe non se li fa mettere".

S'è fatto le ossa, correndo in Olanda, perché in Belgio le corse dei giovanissimi (13-15 anni) non sono ammesse. Quando lo paragonavano a Merckx, ribatteva: "Ne rèvons pas. Il problema dei belgi nasce anche dal fatto che, dopo il ritiro di Eddy, il ciclismo del mio paese trovava sempre un successore, senza problemi di sorta, quasi si trattasse di consegnare semplicemente il testimone di un' ideale staffetta, ci vuole pazienza".
A dire la verità , la classe ha permesso al biondo ricciuto Eric due "impazienze" che hanno nome Tour des Flandres e Gand-Wevelgem: quest'ultima vittoria, si badi, suo malgrado, perché Eric l'aveva promessa ad Anderson. "Sono stato costretto a vincere, ha infine commentato Eric, allorché mi sono accorto che Anderson s'era maledettamente impaniato. Ad ogni modo, in fotografia! Nè bastaâ€. Poiché Peter Post ha di recente affermato di augurarsi che la Roubaix possa finire nelle tasche di Anderson, Eric sorridendo ha aggiunto: "Vorrà dire che correrò la Roubaix da indipendente". "Perchè Anderson, che ha lavorato molto per noi, possa finalmente vincere, mi iscriverò alla Liegi-Bastogne-Liegi. E lo accompagnerò al traguardo".
Non c' è dubbio, un personaggio. Le ultime da Compiegne, quartier generale del clan italiano (cinque squadre) i cui punti di forza, oltre che Moser, si chiamano Bontempi, Contini e Caroli. Il professor Conconi ha visitato Moser. Al 75-80 per cento dei suoi mezzi, ha dichiarato. Assenti Fignon e Hinault, i francesi confidano in Duclos Lassalle. Queste, le quotazioni più recenti alla borsa dei valori della 83 Parigi-Roubaix: cinque stelle per Vanderaerden, Anderson e Plankaert; quattro stelle per Kelly, Kuiper, Lemond, Moser, Matthys.